Musei virtuali e condivisione della conoscenza: lo Smithsonian e la sua collezione digitale
L’iniziativa è stata pianificata da mesi, ma il tempismo è dei migliori. Nei giorni in cui si parla di digitalizzazione di organizzazioni quali aziende, scuole, uffici pubblici – tra telelavoro e accesso virtuale – il museo americano Smithsonian lancia l’iniziativa #SmithsonianOpenAccess.
Con Smithsonian Open Access, l’importante istituto culturale rende disponibile online milioni d’immagini e modelli 3D riguardanti le opere contenute nella propria collezione museale.
La digitalizzazione dei musei non è una novità, ma diversi sono gli aspetti rilevanti:
- Il numero cospicuo di opere, che ammonta a circa 2,8 milioni di dati e immagini 2D e 3D. Si tratta di un lavoro importante, che lo rende una delle operazioni più grandi di rilascio di contenuti liberi in rete.
- Le licenze con le quali l’istituto ha rilasciato questi dati: si tratta di licenza Creative Commons Zero (“nessun diritto riservato”), che permette all’opera di essere completamente riutilizzabile, per qualunque scopo e da chiunque, senza nessuna restrizione. Una licenza che rende le opere pienamente di pubblico dominio.
- La realizzazione di una piattaforma pubblica per la fruizione e la condivisione dei dati. Spesso i musei si affidano a piattaforme di aziende private (da Google a Sketchfab) che raramente lavorano sulle licenze libere, o comunque vengono trattate in maniera marginale rispetto alla propria missione commerciale. Con una propria piattaforma pubblica, lo Smithsonian si fa garante dell’accesso al proprio patrimonio culturale.
La piattaforma è composta principalmente da:
- Un portale che contiene tutte le immagini 2D e 3D, scaricabili in alta risoluzione. La sezione dedicata esclusivamente ai 3D è accessibile da https://3d.si.edu/cc0.
- La sezione Learning Lab, dove sono condivise alcune risorse didattiche sviluppate dal team di educatori dell’istituzione. Le risorse sono condivise come OER (risorse didattiche aperte).
- La piattaforma Smithsonian Figshare, dedica alla ricerca scientifica e che permette la fruizione di set di dati interdisciplinari.
- Una Application Programming Interface (API) per automatizzare l’accesso ai dati da parte di piattaforme terze.
Oltre alla realizzazione della propria piattaforma, l’istituzione culturale dedicata al chimico inglese ha condiviso le proprie opere anche su importanti piattaforme terze che si occupano di risorse aperte:
- CC Search, l’archivio di Creative Common.
- Wikimedia Commons, da cui attinge l’enciclopedia Wikipedia.
- Internet Archive.
- Digital Public Library of America.
Infine, lo Smithsonian ha creaato di un archivio di metadati sulla piattaforma GitHub.
Con questa iniziativa, il museo amplia le possibilità di accesso al proprio patrimonio, in linea con la propria missione museale. Inoltre stimola la condivisione dei saperi, il riuso di dati e lo sviluppo di progetti artistici, anche imprenditoriali.
Spesso i musei, a dispetto della propria missione e vocazione, presentano atteggiamenti timorosi verso la condivisione del proprio patrimonio culturale e di conoscenze. Riteniamo lo Smithsonian un esempio di come un’istituzione museale deve provare a muoversi nel XXI secolo.