Preparare operazioni chirurgiche e gestire la comunicazione paziente-medico con la stampa 3D
Quando di pensa alla stampa 3D nell’ambito medico il rischio è di focalizzarsi prevalentemente su quelle soluzioni che agiscono durante la fase chirurgica e del trattamento. Ma uno degli ambiti in cui la stampa 3D si sta rivelando una tecnologia game-changer è quella della pianificazione chirurgica preoperatoria, ovvero tutte le attività di organizzazione dell’intervento chirurgico, per renderlo più rapido e preciso possibile. Consulta i tre video presenti su questa pagina se vuoi approfondire la pianificazione nella chirurgia.
La pianificazione chirurgica preoperatoria con la stampa 3D
Prima del digitale, la pianificazione veniva eseguita tramite raccolta dati e immagini CT e/o RMN provenienti dal paziente. A volte la sola diagnostica per immagini, che è per forza di cose bidimensionale, non consente di ottenere un quadro sufficientemente chiaro, per i casi con anatomie particolarmente complesse o comunque difficili. Per questo motivo, negli ultimi decenni del XX secolo si è passati anche all’utilizzo della realtà virtuale, in particolare in quei casi di malformazione rari e interventi complessi. Un passo avanti, ma con l’evidente limite di simulare l’intervento su un livello non tangibile, non tattile.
Con la stampa 3D e l’utilizzo di materiali stampati che simulano le caratteristiche fisiche di tessuti, organi e fluidi, la pianificazione e simulazione chirurgica riesce a garantire standard d’intervento superiori. Il disegno digitale viene ottenuto con TAC, risonanza magnetica, ecografia, e altro. Tutte queste tecniche possono restituire un file DICOM, che a sua volta può essere trasformato in file STL compatibile con i software di stampa 3D.
La diffusione della pianificazione chirurgica con stampa 3D: casi reali e principali settori d’applicazione
Il primo settore che approfondirai è quello della chirurgia addominale. In questo settore i modelli possono essere utilizzati, per esempio, per la resezione della milza, del tumore del rene e del pancreas, per la donazione di rene da vivente. Permettono di apprezzare le distanze anatomiche e di valutare i punti di accesso più idonei, garantendo una panoramica completa delle strutture circostanti. Sono, inoltre, particolarmente utili per valutare casi atipici, in cui sono, per esempio, presenti anomalie morfologiche complesse nella conformazione dei vasi.
Un caso esemplare è quello di un trapianto di rene alla Guy’s and St Thomas’ NHS di Londra, avvenuto nel 2015. Lucy Boucher, due anni, di Antrim nell’Irlanda del Nord, ha sofferto di insufficienza cardiaca da bambina quando ha sviluppato una tachicardia sopraventricolare che ha comportato la mancanza di ossigeno nel suo corpo, compresi i reni. Dopo aver subito un intervento chirurgico per affrontare le sue condizioni cardiache, Lucy ha affrontato la prospettiva di una terapia dialitica per tutta la vita. La soluzione, un trapianto renale utilizzando un rene donato da suo padre, comporta un intervento estremamente difficile a causa della differenza di dimensioni tra organo donato e spazio nell’addome della paziente. Grazie ad un accurata pianificazione pre-operatoria eseguida tramite stampa 3D, l’operazione è avvenuta con successo. Tramite il know-how sviluppato, lo stesso ospedale nel 2018 ha trattato con successo Dexter Clark, nato con una grave condizione renale che lo costringeva a nutrirsi solo attraverso un tubo di alimentazione. Anche qui, il planning preoperatorio è avvenuto mediante la stampa 3D dell’addome di Dexter e del rene donato dal padre. In questo caso la difficoltà aggiuntiva risiedeva nella malformazione del rene e dello spazio addominale, con una anomalia morfologica che comportava uno studio ancor più approfondito.
Nella cardiochirurgia la stampa 3D risulta particolarmente efficace nella pianificazione pre-operatoria di pazienti con difetti congeniti cardiaci. Questo studio mostra il ruolo cardine svolto da tali tecnologie nel promuovere la comprensione spaziale della complessa anatomia aberrante come la destrocardia, difetto cardiaco estremamente raro (1 caso su 12mila neonati). Il modello, ottenuto da tomografia computerizzata, permette di far apprezzare la morfologia del difetto e le relative relazioni vascolari.
La visualizzazione dell’anatomia in 3D del paziente permette una pianificazione chirurgica più completa e ottimizzata, riducendo così la durata dell’intervento ed il tempo di cross-clamp.
Nell’ambito della chirurgia vascolare, l’aneurisma e la dissecazione aortica sono solo due esempi di patologie in cui la stampa 3D aiuta il chirurgo durante la pianificazione dell’intervento, oltre che con la creazione di stent stampati in 3D come visto nella precedente lezione. I modelli possono essere usati per valutare il posizionamento, la tipologia e la geometria delle endoprotesi vascolari più idonee allo specifico caso clinico. «L’utilizzo di un modello stampato in 3D influisce molto sulla scelta della tecnica chirurgica e della protesi da utilizzare», conferma Enrico Maria Marone, chirurgo vascolare all’Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, «permette di effettuare un intervento meno invasivo ed eventualmente di decidere di non eseguire l’intervento qualora le condizioni non siano idonee».
Nei casi concreti all’University Medical Center di Mainz, in Germania, così come in centinaia di altri ospedali nel mondo, a partire dalla segmentazione di un aneurisma aortico infrarenale si ottiene una stampa 3D dell’arteria, realizzata con materiale trasparente. Ciò consente ai chirurghi di fare pratica con una serie di tecniche, dalla cannulazione alla riparazione dell’aorta endovascolare toracica (TEVAR), e senza alcuna esposizione alle radiazioni da parte del paziente.
L’utilizzo di questo modello 3D per l’addestramento delle capacità del filo ha migliorato considerevolmente il tempo necessario per incannulare i vasi al University Medical Center di Mainz.
Una interessante caso di studio viene dal Dipartimento di chirurgia vascolare, generale e angiologia di Szczecin, Polonia. Paweł Rynio, ricercatore, ha sviluppato un metodo innovativo per preparare stent servendosi di stampanti 3D.
L’aneurisma dell’aorta è una delle più diffuse patologie arteriose. In casi acuti, il paziente deve essere immediatamente operato, in quanto l’insorgere dell’aneurisma può portare a complicanze gravi e persino al decesso. In queste situazioni, una soluzione chirurgica comune è l’impianto di uno stent attraverso l’arteria femorale.
Se l’aneurisma si verifica nel frammento aortico da cui partono le arterie, la condizione si complica ulteriormente. In casi del genere, deve essere impiantata una protesi con dei fori. Poiché ogni paziente è diverso, questi casi richiedono costose protesi aortiche su misura che vengono prodotte in un tempo variabile tra le 4 e le 6 settimane, un’attesa che aumenta il rischio di mortalità dei pazienti. In alternativa, i chirurghi possono praticare dei fori in un normale stent, facendoli combaciare con l’anatomia del paziente in base a TAC e misurazioni manuali svolte poco prima dell’operazione. Tuttavia, questo non è un metodo preciso e può comportare un posizionamento scorretto dei fori e di conseguenza un blocco parziale del flusso sanguigno.
Il metodo parte come sempre dalla creazione di un file digitale 3D, ottenuto tramite TAC e successiva segmentazione per ottenere la porzione anatomica desiderata. Si passa alla fabbricazione tramite una stampante 3D SLA, con resina trasparente rigida, e sterilizzazione. Successivamente, alla stampa 3D viene inserito un modello di stent standard, per poi praticare i fori per le arterie nei punti desiderati, utilizzando il modello 3D come guida.
Utilizzare un modello aortico che corrisponde con precisione all’anatomia del paziente gli permette d’inserire un modello di stent standard e poi di praticare fori per le arterie nei punti desiderati. Stampando in 3D il modello di protesi e consegnandolo al paziente in meno di 24 ore, rispetto alle normali 6 settimane, i medici sono in grado di migliorare i risultati clinici dei pazienti in seguito a un aneurisma dell’aorta e soprattutto di limitare le complicazioni gravi.
Recentemente, due studi hanno dimostrato che l’utilizzo di modelli stampati in 3D nella chirurgia vascolare per simulare una procedura a scopo di pianificazione riduce significativamente il tempo in sala operatoria: lo studio di Torres et al sull’European Journal of Vascular and Endovascular Sugery (2017) ha osservato una riduzione del 30% , mentre il documento di Tack et al su BioMedical Engineering OnLine (2016) ha rilevato una riduzione media di 28 minuti. Questo è un vantaggio considerevole perché riduce anche l’esposizione alle radiazioni e la morbilità postoperatoria.
Il settore dell’otorinolaringoiatria e chirurgia maxillo-facciale sta incrementando notevolmente l’uso della stampa 3D nella pianificazione. Per studiare gli interventi che coinvolgono il massiccio facciale possono essere impiegati modelli di osso temporale e di mandibola. I primi possono essere utilizzati dal chirurgo per pianificare il posizionamento di audioprotesi, mentre i secondi possono, invece, essere utili per la pianificazione chirurgica dell’asportazione di tumori dalla zona mandibolare, per quanto riguarda sia la fase demolitiva sia quella ricostruttiva.
Nell’ortopedia, la stampa 3D ha sviluppato diverse soluzioni che si sono rivelati estremamente utili per la preparazione e in definitiva per il buon esito dell’intervento o del trattamento. Principali applicazioni in patologie come lesioni traumatologiche, deformità congenite o acquisite, malattie oncologiche. Citando Andrea Pietrabissa, direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Generale II all’Irccs Policlinico San Matteo di Pavia: «Si pensi, per esempio, al vantaggio di conoscere l’esatta posizione dei frammenti di una frattura del calcagno in previsione di un intervento mininvasivo o di identificare e adattare preventivamente i mezzi di sintesi da utilizzare in seguito in sala operatoria oppure alla possibilità di valutare l’entità delle osteotomie necessarie per correggere una deformità vertebrale».
Inoltre, i modelli tridimensionali possono anche essere utilizzati per testare e scegliere gli strumenti chirurgici e i device, come barre metalliche, viti, placche, dime, più idonei per il singolo paziente.
Un altro ambito in cui i modelli 3D possono essere d’aiuto è quello della chirurgia estetica, in particolare per quanto riguarda l’esecuzione della rinoplastica. Lo studio dal titolo “Does 3D printing really guide surgeons in having a more satisfying rhinoplasty result?”, pubblicato nel 2019 sul Journal of Plastic, Reconstructive & Aesthetic Surgery e condotto dai ricercatori dell’Università di Scienze Mediche di Teheran, in Iran, conferma che l’impiego dei modelli è utile per prevedere il risultato finale e renderlo il più possibile conforme alle aspettative dei pazienti.
Nell’odontoiatria è possibile realizzare tramite stampa 3D protesi con materiali biocompatibili, guide chirurgiche, corone e dime. Questo argomento sarà approfondito in una lezione specifica.
I materiali per le stampe 3D pre-chirurgiche
Il valore aggiunto della stampa 3D nella pianificazione chirurgica è l’organizzazione dell’intervento e addestramento su un modello in scala 1:1 del tessuto/organo da operare. Se le risoluzioni provenienti dalle tecniche di immaging/scanning determinano un’alta precisione e fedeltà di forma della riproduzione rispetto all’originale, l’aspetto su cui si sta studiando è un miglioramento dei materiali per ottenere anche l’esatta consistenza della riproduzione. La stampa 3D deve rispecchiare con esattezza l’elasticità, la durezza, la densità e la viscosità del tessuto e delle mucose.
Al giorno d’oggi, non è possibile ottenere un perfetto abbinamento tra i materiali stampati in 3D e i tessuti viventi. Ma in aiuto vengono altri materiali che, sebbene non possano essere estrusi direttamente da una stampante, possono essere utilizzati a partire da una stampa 3D. Una ricerca dell’Universitat Politècnica de Catalunya di Barcellona ha dimostrato come migliori risultati per la simulazione del tessuto epatico e di un fegato possono essere ottenuti utilizzando uno specifico silicone, il 38 Shore A silicone. In questo caso, la stampa 3D non riproduce la forma dell’organo, bensì uno stampo (quindi la forma “in negativo”) su cui poi applicare il polimero siliconico.
Con la tecnica dello stampo possono essere usati anche altri materiali in grado di imitare i tessuti molli viventi: PVA, PHY, agarose.
Training chirurgico: da modelli standard a casi specifici
La stampa tridimensionale di modelli anatomici è di aiuto sia agli studenti di medicina, sia agli specializzandi e ai giovani chirurghi, visto che oggi le dissezioni di cadaveri sono sempre meno frequenti. L’utilità di questa procedura in ambito formativo è stata dimostrata da alcune ricerche, tra cui lo studio dal titolo Valore della stampa 3D per la comprensione dell’anatomia chirurgica pubblicato nel 2017 su Surgical Endoscopy e condotto dai ricercatori dell’Università di Pavia; la ricerca intitolata “Do three-dimensional visualization and three-dimensional printing improve hepatic segment anatomy teaching? A randomized controlled study”, pubblicato nel 2016 sul Journal of Surgical Education e realizzato da ricercatori della Southern Medical University di Guangdong, in Cina; lo studio dal titolo “Adapting anatomy teaching to surgical trends: a combination of classical dissection, medical imaging, and 3D-printing technologies”, pubblicato nel 2016 su Surgical and Radiologic Anatomy e condotto dagli esperti del Geneva University Medical Centre di Ginevra, in Svizzera.
Comunicazione tra l’équipe medica e pazienti o familiari
Un altro aspetto importante nel momento preoperatorio è l’uso di prototipi come strumento per l’educazione del paziente e la comununicazione con lo stesso e i famigliari. La stampa 3D permette all’équipe medica di spiegare con maggior chiarezza al paziente e ai suoi famigliari la patologia presente, rendendoli più partecipi nel processo diagnostico-terapeutico e migliorando l’interazione tra di essi.
Ciò si traduce in un consenso informato più consapevole, con una probabile riduzione di successivi contenziosi.
Particolare attenzione è restata alla comunicazione con le famiglie, in particolar modo con i genitori quando c’è il trattamento di un minore e ancor più di infanti. Utilizzando questi prototipi i genitori possono capire meglio la patologia, comprendere come procederà l’operazione e discuterne con i chirurghi. Nella ricerca del 2017 di Biglino et al. sono stati monitorati pazienti con una fascia di età compresa tra 15 e 18 anni con problemi cardiaci, utilizzando modelli stampati in 3D durante la comunicazione con alcuni di essi. In generale è stato segnalato un miglioramento della fiducia, della conoscenza, della narrativa verso i soggetti che hanno utilizzato i modelli. In sostanza dell’esperienza del paziente è stata migliore rispetto a la mancanza di un modello fisico 3D.
Risultati simili sono apparsi nella ricerca di Bernhard et al.
I costi
In termini costi-benefici, i vantaggi in merito all’adozione della stampa 3D nella preparazione chirurgica sono evidenti. Gli studi più recenti hanno evidenziato che il loro impiego ha permesso di ridurre di 62 minuti la durata di ciascun intervento di chirurgia ortopedica e maxillo-facciale, il che corrisponde a un risparmio di circa 3.374 euro. D’altra parte, è anche emerso che in chirurgia generale un modello 3D costa da 100 a 700 euro e richiede per la sua produzione cinque ore di lavoro da parte di personale specializzato e dalle 9 alle 22 ore di funzionamento della stampante.
Considerazioni simili vanno fatte per le attività di training del personale medico e degli specializzandi. I modelli 3D, che riproducono casi reali e specifici, hanno costi superiori rispetto ai modelli standard prodotti a grande scala da aziende specializzate. Ma le ricadute positive consistono in un miglior addestramento su casi reali, consentendo una successiva efficacia durante l’intervento chirurgico.
Discorso a parte meritano invece la comunicazione medico-paziente.
L’uso di prototipi stampati in 3D per l’educazione dei pazienti è particolarmente costoso attualmente, e si preferisce spesso ricorrere all’illustrazione della patologia mostrando le scansioni DICOM per mezzo di un computer. Va detto che, come evidenziato dallo studio di Watson, un modello 3D finalizzato alla comunicazione medico-paziente può essere prodotto anche a basso costo (sotto i 100€) con classici stampanti FDM, senza ricorrere alla simulazione della consistenza dell’organo. Serviranno ulteriori studi per capire se i costi-benefici in termini di comunicazione saranno adeguati.
Parola ai protagonisti: l’impatto negli ospedali italiani
L’ospedale San Bortolo di Vicenza adotta sin dal 2019 alcune stampanti 3D per assistere alle fasi di pianificazione operatoria, training e comunicazione medico-paziente. Il laboratorio di fabbricazione digitale supporta i reparti di Cardiochirurgia, Chirurgia Maxillo Facciale, Chirurgia Generale, Chirurgia Pediatrica, Chirurgia Vascolare, Ginecologia, Neurochirurgia, Neuroradiologia, Otorinolaringoiatria e Urologia. Sul sito dell’Ulss 8 di Berica in una ampia intervista Salvatore Barra, Direttore Sanitario dell’Ulssa cui fa riferimento il San Bortolo, racconta i vantaggi della stampa 3D in queste fasi: «Innanzitutto i chirurghi possono vedere più chiaramente aree e situazioni che sarebbero difficili da identificare con la sola diagnostica per immagini: in questo modo possono studiare meglio l’intervento e decidere con maggiore cognizione di causa la metodica più adatta. Con il modello 3D infatti possiamo osservare in modo tangibile l’anatomia del paziente, l’origine e l’angolazione dei principali vasi sanguigni, la sede e l’origine delle lesioni. Vi è poi un altro beneficio, non trascurabile: il modello si è rivelato di grande aiuto nello spiegare al paziente e ai suoi familiari l’anomalia diagnosticata e come l’equipe chirurgica intende procedere, perché il paziente può finalmente vedere dove sta il problema e di fatto toccarlo con mano. L’ultimo aspetto riguarda la didattica: sicuramente poter disporre di una serie questi modelli, ciascuno rispondente ad un caso concreto, è un prezioso strumento per migliorare la preparazione dei nuovi chirurghi».
Andrea Pietrabissa, direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Generale II all’Irccs Policlinico San Matteo di Pavia, che dichiara: «manipolare un modello 3D, visualizzarlo, studiarlo da più angolazioni, mi ha dato gli strumenti per toccare con mano la regione anatomica da operare e pianificare al meglio la procedura».